Rêverie 
CENTRO DI PSICOTERAPIA
PSICOANALITICA

IL TRAUMA PSICHICO E LE SUE "RELAZIONI". Per un’ipotesi di sostegno familiare.

Marta Quaentri • Dec 31, 2019
Dalla lettura dello psicoanalista inglese Masud Kahn, emerge con vigore il tentativo di riconsiderare il concetto di trauma psichico in termini evolutivo-relazionali. Tale punto di vista è stato ampiamente confermato già a partire dalla fine degli anni sessanta, dalla corposa letteratura scientifica esistente, dalla clinica e, più di recente, dalle ricerche nel campo delle neuroscienze sulla natura relazionale della mente. Nessuno, oggi, oserebbe mettere in discussione le notevoli influenze apportate dalla relazione, nel processo di costruzione della personalità. L’intero panorama di contributi apportati da più fronti disciplinari, sottolinea l’incidenza della trascuratezza infantile nel dispiegarsi di una vasta gamma di sintomi clinici.
Dagli anni 70 ad oggi, i contributi della ricerca hanno posto in rilievo l’importanza delle esperienze relazionali precoci, del ruolo centrale delle figure di accudimento e in maniera più ampia dell’apporto ambientale, nel processo di costruzione del sé e di strutturazione delle funzioni psichiche. L’insieme di questi fattori in relazione alle componenti biologiche e temperamentali del bambino, giocano un ruolo importante nel dare forma alla struttura della sua personalità, contribuendo significativamente al suo sviluppo cognitivo e affettivo, e al suo più complessivo equilibrio psicofisico.
Al fine di garantire la piena realizzazione delle potenzialità del bambino, la figura di accudimento primaria, dovrebbe essere in grado di fornirgli stimolazioni adeguate, e di svolgere una funzione di rispecchiamento, contenimento e regolazione interattiva dei suoi stati emotivi. Il processo di sintonizzazione della diade, per dirla con le parole di Stern, ha una funzione organizzatrice e vitalizzante per il bambino, poiché ne favorisce la nascita psicologica e gli permette di sperimentare quella che Winnicott chiamò la continuità dell’essere, dall’inglese going of being.
Correlati allo sviluppo psicologico del Sé, vi sono l’intera gamma delle reazioni somatiche che accompagnano tali processi. Bessel Van der Kolk, a questo proposito, sottolinea il modo in cui le tracce del trauma relazionale precoce, siano individuabili a livello corporeo quasi in maniera indelebile. Sviluppo della personalità e sviluppo psicosomatico, risultano perciò intimamente collegati alle relazioni intime, in modo particolare a quelle più precoci.
Negli studi di Daniel Stern, viene tracciato chiaramente il passaggio tra la costituzione delle singole transazioni che avvengono nel contesto della relazione diadica, e la successiva costruzione dei modelli operativi interni, i quali avranno funzione orientativa per il bambino e il futuro adulto, nell’esplorazione della relazione con il proprio mondo interiore e delle interazioni con la realtà esterna. 
Pertanto, la costruzione di un legame di attaccamento sicuro, risulta essere un importante fattore protettivo e preventivo, nell’insorgenza di disturbi mentali e fisici. Peter Fonagy, psicoanalista ungherese contemporaneo, inoltre, sottolinea che un attaccamento sicuro predispone allo sviluppo delle capacità di regolazione affettiva e di mentalizzazione, intesa come la capacità di concepire stati mentali inconsci e consci di sé e degli altri. 
In sintesi, un bambino che è stato accolto all’interno di un ambiente capace di rispondere adeguatamente ai propri bisogni di crescita, avrà acquisito quella sicurezza che gli permetterà di fronteggiare prontamente momenti di tensione e stress, di esprimere adeguatamente le proprie emozioni e di saperle riconoscere negli altri, di adottare strategie di coping funzionali di fronte ai problemi, mettendo a frutto le proprie capacità di resilienza e sviluppando un opportuno senso di agency. 
Un ultimo elemento, che ritengo estremamente importante, apportato da un legame significativo stabile e appagante, proviene dall’esperienza da parte del bambino, di vissuti connotati da affetti prevalentemente positivi che predispongono alla costruzione del concetto di “fiducia epistemica” di Fonagy, precedentemente descritto. La predisposizione ad un’aspettativa ottimistica all’interno del tessuto relazionale intersoggettivo, che sperimentata all’interno delle relazioni oggettuali, nel tempo viene generalizzata a tutta la branca delle esperienze che il soggetto sperimenta nell’arco della vita. L’affetto connotato dalla fiducia, predispone alla speranza e alla progettualità, facilita l’instaurarsi di legami significativi e stabili, donando equilibrio e una generale sensazione di benessere. 

La situazione si capovolge completamente, quando ci troviamo di fronte ad un ambiente familiare che non favorisce la crescita o addirittura la inibisce, ovvero nelle circostanze in cui si sperimentano traumi relazionali. La sperimentazione in età evolutiva di interazioni con le figure di accudimento, contraddistinte da trascuratezza emotiva e psicologica, negligenza nelle cure e inversione di ruoli, può tradursi in una grave compromissione del funzionamento psichico dell’individuo. Molti autori si sono espressi in questo senso, sottolineando l’influenza di certi vissuti, sui modelli di attaccamento presenti e futuri, sulla capacità di regolazione degli stati affettivi, sull’integrazione degli stati mentali, sulla maturazione dei processi di autoriflessione e mentalizzazione e in maniera macroscopica sui processi neurobiologici. 
Già negli anni ‘60, in uno studio sui disturbi psichici infantili Richter, si interrogava su questi temi considerando necessario riconoscere che «molto più in profondità e più duramente, il bambino rimane impressionato dalle tendenze affettive, dalle angosce e dai conflitti dei genitori che egli, con sorprendente empatia, indovina esserci, in certo qual modo, accanto e dietro alle pratiche evolutive esterne. Questo strano profondo degli atteggiamenti affettivi dei genitori che giunge fino all’inconscio, deve essere tenuto in considerazione se se ne vuole verificare l’effetto sullo sviluppo psichico del bambino».
Certamente il fenomeno della trascuratezza affettiva va contestualizzato all’interno del maltrattamento infantile, il quale implica tutte le forme di abuso, fisico, sessuale e/o psicologico, ovvero quella branca del trauma relazionale precoce che ha a che fare con le azioni che i caregiver compiono e che non dovrebbero mettere in atto. La trascuratezza dei bisogni infantili, invece, ha a che vedere con ciò che i genitori non fanno, tradendo costantemente le aspettative più o meno consapevoli del bambino. In entrambe i casi il danno più pervasivo arrecato al bambino, è senza dubbio anche di matrice psicologica. Ogni forma di abuso, maltrattamento o trascuratezza, inficia sullo sviluppo armonico della persona, intaccando comportamento, memoria, stati affettivi e funzioni neurobiologiche. 
La condizione di sofferenza e vulnerabilità psicopatologica, in ogni caso, al di là delle definizioni nosografiche e delle molteplici manifestazioni spesso clinicamente riscontrate in comorbilità tra loro, risulta espressione sintomatica di un trauma evolutivo.
Danya Glaser, psichiatra dell’età evolutiva, sottolinea una caratteristica centrale della trascuratezza emotiva, particolarmente comune nei primi due anni di vita del bambino: l’irreperibilità e l’irresponsabilità del caregiver. La reperibilità del genitore e la sua responsabilità verso il proprio figlio, riguarda la pronta reazione alle richieste di aiuto e più ampiamente ai bisogni psicologici del bambino. Tale irresponsabilità adulta, molto spesso è correlata alla depressione materna, ma non necessariamente. 
Secondo l’autrice, le conseguenze al trauma relazionale precoce possono essere descritte in cinque aree differenti: stato emotivo, comportamento, funzionamento e organizzazione psichica, aspetti relazionali/sociali e attaccamento. I bambini trascurati emotivamente spesso manifestano tristezza, stati depressivi e scarsa autostima, alcuni diventano timorosi e impauriti, altri possono soffrire di stati dissociativi o di fenomeni da stress post-traumatico e la grande maggioranza di essi convivono con forti stati di ansia e di angoscia. Riguardo al comportamento, si evidenziano costanti ricerche di attenzione anche verso gli sconosciuti, al fine di stabilire forti connessioni anche con persone estranee o incontrate per la prima volta; altre volte, invece, i bambini trascurati assumono posizioni oppositive e provocatorie che possono sgorgare in comportamenti antisociali nell’età adulta; molti altri diventano estremamente responsabili nei confronti delle figure di accudimento e dei fratelli, subendo un’inversione di ruolo inadeguata per la propria età. Rispetto al funzionamento cognitivo sembra che questi bambini, mostrino un rendimento inferiore alle aspettative del loro sviluppo, realizzando meno rispetto a quanto sarebbero in grado, grazie alle proprie capacità innate. Nelle relazioni con i pari sono spesso introversi o isolati e in altri casi aggressivi, ed è frequente riscontrare in loro, forme di attaccamento insicuro e disorganizzato.
Certe interazioni disfunzionali tra genitore e figlio, inoltre, compromettono lo stato fisico del bambino che in alcuni casi può lamentare dolori per i quali non si presenta una spiegazione organica, e in generale una vasta gamma di sintomi psicosomatici quali enuresi ed encopresi notturne, incubi e disturbi del sonno, disturbi dell’alimentazione, e altre forme di disagio psicocorporeo. 
Ho trovato molto interessanti, le riflessioni dell’autrice rispetto alle interazioni inappropriate in relazione allo sviluppo del bambino e alla sua età, e in secondo luogo, la sottolineatura del fallimento della promozione della socializzazione del bambino al di fuori del contesto familiare. Nel primo caso, la Glaser focalizza l’attenzione sull’inconsistenza e l’inappropriatezza delle aspettative che un genitore nutre verso il proprio figlio e che lo portano a richiedere costantemente di più o di meno, rispetto a ciò che compete realmente al bambino.
Tali atteggiamenti violano il diritto del bambino ad essere trattato conformemente al proprio stadio di sviluppo, ponendolo di fronte ad un confronto disorientante e traumatico. A questo riguardo l’autrice rileva che, i bambini piccoli hanno bisogno di coerenza e chiarezza di confini, di prevedibilità e accettazione incondizionata. Inoltre, una forma frequente di abuso emotivo, riguarda quegli atteggiamenti di ostilità che alcuni genitori rivolgono ai propri bambini, e che spesso sono legati a convinzioni negative erronee.
Infine, si profila come una forma di violenza psicologica, l’isolamento del bambino e la mancanza di incoraggiamento verso l’adattamento al mondo esterno e alla creazione di nuovi legami sociali. In questi casi, il caregiver impedisce al bambino di ampliare quel bagaglio di esperienze che gli permetteranno nella vita, di funzionare in maniera adeguata al di fuori della famiglia. Naturalmente, all’interno di una relazione oggettuale primaria, possono coesistere varie forme di trascuratezza e abuso emotivo e, la trascuratezza emotiva si configura come la forma più cronica di abuso infantile, ciò nonostante, molto spesso non viene considerata con la medesima attenzione dell’abuso fisico o sessuale. Va segnalato che qualunque realtà di maltrattamento infantile, al di là della sua esplicazione, ha sempre come esito un abuso emotivo. Infatti, l’omissione di cure, l’indifferenza e una scarsa capacità di mentalizzazione da parte delle figure di accudimento, risultano caratteristiche distintive di tutte le forme di maltrattamento. 
In tale quadro contestuale, lo psicologo si configura come il professionista che attraverso un percorso di sostegno genitoriale, facilita l’espressione e il consolidamento di quelle funzioni di cura e accudimento mirate al benessere dell’intero nucleo familiare e, dunque, alla promozione della crescita adeguata di ogni membro che vi appartiene.

Bibliografia:

- GLASER Danya, How to deal with emotional abuse and neglect in Child Abuse & Negelct (2011)35, 1-46;
- FONAGY Peter et alii, Regolazione affettiva, mentalizzazione e sviluppo del Sé [Affect Regulation, Mentalization, and the Development of the Self, London, Other Press 2002], tr. it. di Riccardo Williams, Milano, Cortina 2005;
- FONAGY Peter, fiducia epistemica, in Atti del Congresso Attaccamento e Trauma. Sviluppo della personalità e psicoterapia, Roma, 25-26-27 settembre 2015, Roma, ISC Sassari 2015;
- JANET Pierre, Trauma, coscienza, personalità. Scritti clinici, a cura di Francesca Ortu e Giuseppe Craparo, Milano, Raffaello Cortina 2016;
- KHAN Masud M. R., Lo spazio privato del Sé [The Privacy of the Self, London, Hogarth Press 1974] tr. It. di Corinna Ranchetti Varon – Ermanno Sagittario, Torino, Bollati Boringhieri 1979;
- KHAN Masud M. R., Le figure della perversione [Alienation in Perversions, London, Hogarth Press 1979] tr. it. di Clara Monari e Maria Antonietta Schepisi, Milano, Bollati Boringhieri 1982;
- RICHTER H. Eberhard, Genitori, bambino e nevrosi: conflitti parentali e ruolo dei figli [Eltern, Kind und Neurose [italiano 1997] $$3, Ernst Klett Verlag, Stuttgart, 1963] tr. It. di Carlotta Buzzi, Il Formichiere, Milano 1975;
- SIEGEL Daniel, La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale [The Developing Mind, s.l., Guilford Press,2001], tr. It. di Luisa Madeddu, Milano, Raffaello Cortina Editore 2013;
- STERN Daniel N., Il mondo interpersonale del bambino [The Interpersonal World of the Infant, New York, Basic Books 1985], tr. it. di Alessandro Biocca e Lucia Marghieri Biocca, Torino, Boringhieri 1987:
- VAN DER KOLK Bessel A., Il corpo accusa il colpo: mente, corpo e cervello nell'elaborazione delle memorie traumatiche [The body keeps the score: brain, mind, and body in the healing of trauma, New York, Viking 2014], tr. it. di Sara Francavilla e Maria Silvana Patti, Milano, Cortina 2015;
- WINNICOTT Donald W., Sviluppo affettivo e ambiente [The Maturation Process and The Facilitating Enviroment. Studies in the Theory of Emotional Development, London, The Hogarth Press 1965] tr. it. Alda Bencini Barriatti, Roma, Armando Editore 1970.

Share by: